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A Cetara il laboratorio artigianale che fa ancora la colatura di alici a mano

Se passate da Cetara, nella bellissima Costiera Amalfitana, una buona idea è fermarsi e incontrare Giulio Giordano. Terza generazione dietro il laboratorio artigianale Nettuno, fondato nel 1950 e dedito alla trasformazione dei prodotti ittici. Come la famosa colatura di acciughe, un liquido intenso e gustoso che dà forza alle ricette. Non è un caso che Massimo Bottura, alla recente cena del G7 in Puglia, abbia utilizzato la colatura di Nettuno. Siamo entrati all’interno della piccola azienda nel cuore di Cetara per assistere alla produzione artigianale di questo condimento, fatto ancora a mano come una volta.

L’azienda Nettuno di Cetara: le uniche a fare la travasatura a mano

Giulio Giordano avrebbe voluto fare l’ingegnere, ma poi capì, ancora minorenne, di voler seguire la tradizione di famiglia. “Mio padre faceva la mescita e prima di lui mio nonno. Non volevo deludere le loro aspettative e ho iniziato a lavorare con loro quando ero ragazzino”, ci racconta. L’azienda Nettuno nasce nel 1950, poco distante dalla piazza e dal porto di Cetara, all’interno di un laboratorio ricavato nella roccia. “A quei tempi le acciughe venivano consegnate in bicicletta. Mio nonno Raffaele andava al porto a pescare. Solo più tardi comprò una piccola ape”. Oggi Nettuno, nonostante l’ammodernamento degli spazi (la grotta è stata piastrellata per motivi igienici), continua a fare manualmente la colatura di acciughe, una rarità nella zona dato che molte aziende hanno parzialmente meccanizzato la produzione. “Papà diceva sempre che fare la colatura di acciughe è come meditare, perché bisogna farlo in silenzio. Un pesce alla volta, senza distrazioni”, continua Giulio Giordano. Un processo lento, capillare, regolato da norme molto rigide.

Tre generazioni dietro l'azienda Nettuno

La colatura di acciughe: dagli antichi romani a Cetara

Giulio Giordano ci spiega come la colatura sia un prodotto che si fa da sempre a Cetara: “Una ricetta antichissima che deriva dal famoso latino garum: condimento liquido a base di interiora di pesce utilizzato per insaporire moltissime pietanze”. La Colatura a Cetara si produce fin dal XIII secolo: “La tradizione fa risalire questa produzione ad un antico monastero nel centro di Cetara. I pescatori di quei tempi erano soliti regalare una scatola di acciughe ai religiosi che iniziarono così a fare la colatura”. La svolta per la riscoperta della colatura avvenne nel 1997, quando Cetara divenne Patrimonio dell’Umanità UNESCO come parte della splendida Amalfi Coast Nel 2020, dopo un lungo iter burocratico, la colatura è stata registrata come DOP. Norme rigorose prevedono la localizzazione della produzione nei comuni della provincia di Salerno e un affinamento di almeno 10 mesi minimo 3 anni di stagionatura, ecco perché la nostra colatura è un concentrato di gusto”, spiega Giordano mentre ci mostra come si svolge la lavorazione tradizionale.

La spillatura della colatura di acciughe

Come si produce la colatura di alici di Cetara

“La colatura non è altro che la maturazione delle acciughe sotto sale, che macerando rilasciano un liquido molto gustoso”, dice Giulio Giordano. Fondamentale è il terzigno, cioè la botte dove vengono lasciate le acciughe, così chiamata “perché è la terza parte delle botti di castagno”. Le fasi di produzione sono numerose e specifiche, tutte strettamente ancorate alla tradizione: “Si parte dalla scazzatura, ovvero la decapitazione dell’acciuga con un solo colpo fatto a mano, eliminando anche le interiora del pesce. Un procedimento che qui facciamo interamente a mano.” Poi passiamo alla brasatura, lasciandole marinare per 24 ore con sale: “Alla fine prendete le acciughe e disponetele a corona all’interno del terzo strato, alternandole con strati di sale Le acciughe devono essere disposte a pancia in giù, in modo che la pressatura sia omogenea”.

Giulio Giordano prepara la salsa di acciughe

Da qui viene poi posto un pesante masso sopra il coperchio della botte e le acciughe vengono lasciate riposare per 3 anni. Una volta raggiunta la maturazione desiderata, sul fondo del terzo strato viene praticato un foro con uno strumento appuntito chiamato vriale, dal quale si comincia ad aspirare il liquido. Un processo di cui Giulio Giordano si emoziona ancora nel parlare, ricordando quando suo padre gli permise di fare il primo foro. “Le nostre botti sono molto vecchie, anche 60, 70 anni”, dice con orgoglio. Il risultato è un liquido molto intenso, dal colore ambrato scuro, da abbinare a bruschette o spaghetti. Ricetta? “Per prima cosa unire l’olio, l’aglio e il sugo in un contenitore senza cuocere. Poi si butta la pasta dopo averla bollita senza sale. A piacere potete aggiungere un po’ di prezzemolo.”

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